Non si mangia con gli occhi

Come frutta e verdura vengono sprecate ogni giorno, solo perché non abbastanza “belle”
di Silvia Valentini

Hai mai sentito parlare del problema degli standard estetici di frutta e verdura? Di cosa si tratta? Hanno un impatto sullo spreco alimentare? Cerchiamo di spiegarlo.

Recandoti in un qualsiasi supermercato, noterai che frutta e verdura sono esteticamente omogenee: hanno stessa grandezza, forma regolare, non hanno evidenti difetti esteriori come cicatrici e ticchiolature. Magari non ci hai mai pensato, ma dietro questa omogeneità esiste un severo processo di selezione, che vede i prodotti meno “belli” scartati dalla vendita nella grande distribuzione.
Anche i piccoli dettaglianti selezionano esteticamente i prodotti da destinare alla vendita, anche se talvolta meno severamente rispetto ai supermercati. E’ solo presso i produttori che è possibile acquistare anche i prodotti più eterogenei e meno “attraenti”, ma non per questo meno nutrienti e saporiti!
La natura non è un’industria: frutta e verdura non sono fabbricate con lo stampino!

Vediamo come funzionano gli standard estetici.

Come in altri paesi, in Europa esistono delle norme che definiscono gli standard dei prodotti ortofrutticoli, per facilitare gli scambi e proteggere gli interessi di venditori ed acquirenti: si tratta del regolamento (CE) n.1221/2008 e del regolamento (UE) di esecuzione n.543/2011. Queste norme fortunatamente non si applicano nel contesto di vendita diretta da parte del produttore.
Esse prevedono requisiti specifici per la commercializzazione dei dieci prodotti (o categorie di prodotti) più venduti nell’Unione: mele, agrumi, kiwi, lattughe, indivie ricce e scarole, pesche e nettarine, pere, fragole, peperoni dolci, uve da tavola, pomodori.
I requisiti specifici riguardano calibro, peso, colorazione, presenza di imperfezioni (ed occasionalmente grado Brix, che però si riferisce alla dolcezza della polpa) e riconducono i prodotti a tre categorie di “bellezza”: “Extra”, I, II. (Vale la pena di sottolineare che non si conoscono esempi di utilizzo in Italia della categoria “Extra”, poiché ha standard troppo severi!)
Facendo un esempio, dunque, le mele per essere commercializzate non devono possedere un diametro inferiore ad un minimo stabilito, difetti della buccia superiori ad una certa estensione, imperfezioni altre rispetto a piccoli difetti di forma e colorazione.
Esistono però delle tolleranze che permettono di derogare dagli standard una quantità di prodotto pari al 10% (cat. I e II) o al 5% (cat. “Extra”) di ogni partita.
I restanti prodotti sono soggetti solamente a requisiti minimi di commercializzazione (validi anche per i dieci prodotti già citati), che hanno più a che fare con la salubrità del prodotto che con l’estetica.

Oltre a quanto previsto dalle norme, però, ogni rivenditore seleziona la merce da offrire secondo i propri standard estetici privati. Questo allo scopo di migliorare la propria immagine e attirare più clienti, dato che noi consumatori siamo attratti dalla “bellezza” (dimenticandoci che un prodotto alimentare deve essere innanzitutto buono e salutare). Dunque i requisiti estetici a cui sono soggetti frutta e ortaggi sono spesso molto severi, e riguardano tutti i tipi di prodotti, non solo i dieci presi in considerazione dai regolamenti europei.
Ecco qualche esempio: compreresti i prodotti mostrati nelle foto? Sono stati tutti scartati dalla destinazione alla grande distribuzione, perché considerati non abbastanza “belli”.

prodotti-picmonkey-collageFoto scattate personalmente, durante l’ indagine nel contesto fiorentino e toscano

Che fine fanno i prodotti scartati? Possono essere destinati alla trasformazione alimentare, oppure ad altri usi non finalizzati all’alimentazione umana (incluso lo smaltimento); in questo secondo caso ci troviamo di fronte ad uno spreco alimentare.
Quali sono le dimensioni di questa tipologia di spreco? Purtroppo l’attenzione rispetto al tema è molto recente, e non conosciamo stime che ci diano indicazioni in merito.
Per quanto riguarda invece lo scarto per motivazioni estetiche (che come abbiamo visto non si traduce necessariamente in spreco, perché può essere utilizzato nella trasformazione alimentare), utilizzando le esigue stime esistenti osserviamo che esso può arrivare a rappresentare fino al 15-20% del prodotto realizzato dagli agricoltori[1]. Una buona parte della frutta e degli ortaggi prodotti non raggiunge i nostri negozi per essere venduta fresca perché non considerata abbastanza “bella”.
Qualcosa però si sta muovendo. Al di fuori dell’Italia, in Europa e in altri paesi come Stati Uniti, Canada e Australia, esistono numerosi esempi di supermercati che hanno introdotto i cosiddetti “prodotti imperfetti” nella loro offerta, creando apposite linee di vendita. Eccone qualcuna:

casi-picmonkey-collage                  Naturally Imperfect, Loblaws (Canada) | Perfectly Imperfect, Tesco (UK) | Wonky Veg Box, Asda (UK)
Imperfect Picks, Harris Farm Market (Australia)

Inoltre, in Francia è stato creato Les Gueules Cassées un marchio apposito per commercializzare nei negozi i prodotti “brutti”, che sta venendo utilizzato anche in altri paesi.
(Ti chiederai: ma queste iniziative non sono in contrasto con le normative europee che abbiamo citato? Di fatto sì; eppure esistono. Probabilmente esiste la volontà politica di non contrastarle, testimoniato dalla sempre maggior sensibilità della classe politica verso il tema dello spreco.)
Esistono anche aziende e cooperative che raccolgono i prodotti “imperfetti” dai produttori e li vendono ai consumatori, così come piattaforme online dove acquistare o ritirare le eccedenze agricole, parte delle quali è spesso costituita dai prodotti meno belli, proprio come il Marketplace di SenzaSpreco.
Eccone alcune: Imperfect Produce (USA), Wonky Veg Boxes (UK, nome simile ma iniziativa diversa dalla citata Wonky Veg Box di Asda), Querfeld (DE), Fruta Feia (PT).

Infine, esistono anche aziende di trasformazione alimentare ed esercizi di ristorazione che hanno avuto la buona idea di utilizzare nella loro produzione la frutta e verdura “imperfette”. Culinary Misfits (DE) o Rubies in the Rubble (UK) ne sono degli esempi.

Che cosa puoi fare tu?

  • Bello non vuol dire buono! Acquista prodotti “brutti” senza paura!
    Aiutaci a sviluppare il Marketplace di SenzaSpreco, dato che l’invenduto, soprattutto a livello del produttore, può coincidere con l’esteticamente “imperfetto”.

  • Quando possibile, acquista direttamente dai produttori.

  • Aiuta SenzaSpreco a chiedere alla grande distribuzione locale di inserire una linea di prodotti “imperfetti” nella sua offerta. I supermercati non hanno interesse a farlo, a meno che non vi vedano l’opportunità di migliorare la propria immagine di fronte ai clienti. Noi consumatori perciò possiamo avere un ruolo importante facendo sentire la nostra opinione!

  • Sensibilizza chi ti è intorno rispetto al tema: l’argomento è davvero poco conosciuto, ma di grande importanza!

  • Partecipa alle attività di SenzaSpreco o suggeriscine altre! Potrai dare un ulteriore contributo alla lotta allo spreco alimentare!

Frutta e verdura “imperfette” ringraziano!

 

Silvia Valentini – Studentessa del Master in Agricutural and Food Economics all’Università di Bonn, appassionata di lotta agli sprechi alimentari e di sostenibilità ambientale.

 

[1] Fonti:
– De Maupeou F., 2015. “Alimentation: osons le moche!”, Le Parisien, consultato il 28/06/2016.
– Dumont M., 2015. “Trop d’intérêt pour les légumes moches”, Journal de Montreal, consultato il 07/06/2016.

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